Il branco di cinghiali che ha provocato sulla A1 lo scontro tra diverse vetture causando la morte di un giovane di 28 anni e il ferimento di altri 10 automobilisti ha riportato alla ribalta un problema che sembra ormai aver assunto le proporzioni di un’emergenza nazionale. La popolazione di Cingiale è in costante crescita e sono sempre di più i casi di avvistamento di questi animali in contesti suburbani o in aree rurali frequentate dall’uomo. Uno degli ultimi video postati sul web è stato girato ad Agrigento, nel sito Unesco della Valle dei Templi, e mostra alcuni cinghiali scorrazzare liberamente nell’area archeologica scatenando il panico tra i turisti. Tuttavia, secondo il WWF, attribuire ai cinghiali la diretta responsabilità della tragedia sulla A1 è riduttivo e strumentale. «Questa tragedia non può diventare il pretesto per richiedere interventi straordinari per il controllo delle popolazioni del cinghiale nel nostro paese, la cui proliferazione è risultato di una pessima gestione faunistica condizionata da precisi interessi della lobby dei cacciatori», spiega il WWF.
Accertare le responsabilità
E mentre restano ancora da chiarire le dinamiche dell’incidente mortale sull’A1, è urgente trovare soluzioni affinché simili tragedie non si ripetano. «Ad esempio – prosegue il WWF –, i gestori delle tratte stradali hanno l’obbligo di posizionare adeguatamente le recinzioni che di norma devono essere presenti lungo tutte le autostrade».
L’abbattimento non è la soluzione
Tra le soluzioni a lungo termine, invece, è prioritario il contenimento della specie. «Ma l’abbattimento non è la soluzione – precisa il WWF –. Sono decenni ormai che si discute dell’emergenza cinghiali invocando interventi urgenti e straordinari, in particolare da parte dei rappresentanti delle Associazioni agricole, senza però proposte concrete e operative se non l’ampliamento delle giornate e dei carnieri di caccia, che non risolvono il problema come dimostrano i risultati conseguiti da Regioni come la Toscana, che hanno già adottato Leggi straordinarie puntando esclusivamente su una maggiore libertà di abbattimento dei cinghiali da parte dei cacciatori». La soluzione, secondo l’associazione ambientalista, è coinvolgere diversi attori per mettere in campo strategie diversificate. «Serve senz’altro un Piano straordinario per la gestione del cinghiale nel nostro paese che preveda interventi prioritari per mettere in sicurezza le strade a scorrimento veloce con maggior traffico veicolare, attraverso dissuasori e sistemi di allerta già sperimentati, interventi per la prevenzione dei danni alle colture agricole ed un programma di contenimento del numero degli animali basato su censimenti seri ed attendibili e l’utilizzo di recinti di cattura in grado di assicurare un prelievo controllato e selettivo degli animali. Da tempo abbiamo proposto il coinvolgimento degli stessi agricoltori che subiscono i danni maggiori per una presenza eccessiva del cinghiale nelle aree rurali, togliendo ai cacciatori l’esclusiva della gestione della fauna selvatica. I fatti dimostrano che è irrealistico ed illusorio affidare la soluzione del problema a coloro che lo hanno generato».
Quanti e dove sono i cinghiali in Italia
Secondo le stime dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in Italia la popolazione di cinghiale conterebbe un milione di individui. Si tratta di dati ipotetici, dal momento che non è possibile calcolare con certezza il numero degli animali. Se all’inizio del secolo scorso i cinghiali erano presenti solo in alcune aree (la Maremma Tosco-laziale, il Gargano, l’Abruzzo, l’Appennino Calabro-Lucano e la Sardegna), oggi gli ungulati colonizzano la penisola da nord a sud. «La responsabilità di questa crescita smodata della popolazione è essenzialmente dell’uomo che, per privilegiare specifici interessi economici e politici, ha assecondato la volontà di una crescita incontrollata del cinghiale, diventata anche il pretesto per consentire la caccia di selezione all’interno delle aree naturali protette», conclude il WWF.
Marta Frigerio