Gazzettino Italiano Patagónico

Ecologia, giù la maschera


Quando cominciai a firmare petizioni per la salvaguardia del lupo, del quale sopravviveva solo uno sparuto nucleo in Abruzzo, e a partecipare a sottoscrizioni popolari, una su tutte quella che permise al Wwf di acquistare la foresta di Monte Arcosu, ultimo rifugio del cervo sardo, credevo davvero che presto un’ondata ecologista avrebbe investito il mondo intero in un abbraccio fraterno. Erano gli anni Ottanta, fuori furoreggiava l’edonismo reganiano, cresceva la voglia di affermarsi individualmente e di vivere con spensieratezza, ma traguardavo l’orizzonte dalla prospettiva del mio piccolo gruppo di appartenenza, che predicava sobrietà e – udite, udite! – diceva che no, così non poteva andare avanti. Non demonizzavano il benessere, piuttosto cercavamo di indicarne uno differente, che non fosse fatto solo di consumi esasperati. Quanto eravamo ingenui, e anche sciocchi! Utili idioti della nuova parola d’ordine, l’ennesima, al servizio di un assetto sociale che si basa proprio sull’enorme produzione di beni superflui e non vuole più poveri, almeno non nella concezione antica, ma solo “benestanti” pronti a consumare. Cos’è diventata infine l’istanza ecologista se non il grimaldello per perpetuare le ingiustizie di sempre? Sfuggita dalle mani dei movimenti e delle associazioni, mutata verbalmente in sostenibilità, parola scivolosa che vuole dire tutto e niente, si è trasformata nel migliore alleato delle solite élite, che tengono ben salde le redini, pronte a tirarle se qualcosa sfugge al loro controllo. E così il sogno di arrivare un giorno a una distribuzione più equa delle risorse e delle ricchezze del Pianeta non solo si è spento, ma è diventato un incubo sempre più popolato di egoismi e divisioni: da una parte i privilegiati che possono permettersi di vestire costose fibre naturali, mangiare cibo sano e di qualità, acquistare sfavillanti veicoli virtuosi, abitare in quartieri green dotati di tutti i comfort tecnologici, rifugiarsi in paradisi esotici dopo essere transitati dalle loro salette vip, e dall’altra il resto della popolazione, costretta a inseguire modelli inaccessibili.

Michele Mauri

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