Il 20% del cibo d’importazione che finisce sulle nostre tavole proviene da contesti in cui i diritti basilari dei lavoratori non vengono rispettati. Alimenti “fuorilegge”, dal momento che non rispettano le stesse garanzie vigenti a livello nazionale in materia di lavoro, ambiente e salute. A lanciare l’allarme è Coldiretti, che ha analizzato i dati raccolti dall’Us department of labour.
Lavoro minorile nel piatto
Si scopre così che sulle nostre tavole finiscono alimenti che son costati il lavoro minorile di 108 milioni di bambini.
«Secondo le stime della Fao (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) la metà di tutto il lavoro minorile del mondo avviene in Africa, seguita da vicino dall’Asia, ma rilevante è anche in Sud America. Sono tutte aree dalle quali l’Italia importa ingenti quantità di prodotti agricoli ed alimentari», spiega Coldiretti.
Ma non solo: la carne e il pesce d’importazione sono spesso lavorati da condannati ai lavori forzati.
«Non mancano i casi di lavoro forzato, come avviene negli allevamenti del Brasile o sui pescherecci Tailandesi», prosegue Coldiretti.
Ma un pericolo per l’ambiente e per la salute viene anche all’utilizzo improprio di prodotti chimici che mettono a rischio i lavoratori e i consumatori e che, in alcuni casi, sono vietati da decenni in Europa e in Italia. È, ad esempio, il caso dei pesticidi utilizzati per le banane coltivate in Ecuador e per l’ananas del Costarica; prodotti che rappresentano rispettivamente circa la metà e, nel secondo caso, il 90% del consumo dello specifico frutto consumato in Italia.
Regole più stringenti
La differenza possono farla le scelte dei consumatori, ma servono anche normative più severe in materia di import.
«Non è accettabile che l’Unione Europea continui a favorire con le importazioni la violazione dei diritti umani nell’indifferenza generale – conclude il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo -. L’Unione Europea deve acquisire un nuovo protagonismo per promuovere regole sul commercio globale che non tengano conto solo del fattore economico, ma anche del rispetto dei diritti sul lavoro, della tutela dell’ambiente e della salute»
Gli alimenti della vergogna
Il report dei cibi della vergogna è stato redatto dall’Us department of labour. Eccone alcuni:
- Cacao dalla Costa d’Avorio: sfruttamento lavoro minorile.
- Riso dal Vietnam: sfruttamento lavoro minorile.
- Agrumi della Turchia: sfruttamento lavoro minorile
- Zucchero di canna della Colombia: sfruttamento lavoro minorile.
- Carne in Brasile: lavori forzati
- Pesce in Thailandia: lavori forzati
- Banane coltivate in Ecuador: impiego eccessivo di pesticidi.
- Ananas del Costarica: impiego eccessivo di pesticidi.
- Pesce e molluschi dal Vietnam: contaminati da metalli pesanti.
- Nocciole e fichi secchi dalla Turchia: aflatossine cancerogene spesso sopra il limiti.
- Fragole dall’Egitto: impiego eccessivo di pesticidi.
- Lenticchie dal Canada: trattate con glifosato durante la fase della preraccolta.
- Riso dalla Birmania: proveniente dai terreni espropriati alla minoranza dei Rohingya.
Ndr