Gazzettino Italiano Patagónico

Abusivismo e tutela del paesaggio: cosa accade in Italia?

 

Torno a parlare di abusivismo edilizio e ringrazio il direttore del Gazzettino italiano patagonico che mi permette di farlo nonostante il tema sia uscito dalla linea di interesse di quasi tutti i media. Il tema resta in ogni caso prioritario nel nostro Paese a prescindere dall’attenzione che la stampa sceglie di riservargli. Anzi è proprio grazie alla noncuranza diffusa che proliferano gli abusi. Però in queste poche righe vorrei tornare a riflettere – più che sul fenomeno dell’abusivismo in senso stretto – su quell’area grigia posta ai margini tra ciò che è legale e ciò che è ben fatto. Il profilo di debolezza dell’attività edificatoria in Italia è assai vario. Se l’azione illecita è di per sé debole, va riconosciuto che le presunte ragioni sociali ed economiche e la consuetudine di contrattare le scelte urbanistiche finiscono per indebolire anche molte altre parti del comparto edilizio, non solo quello illegale. Al di là della norma, ci sono elementi che possono conferire o sottrarre forza all’atto del costruire e questi elementi sono riassumibili nell’ambiente naturale, che purtroppo per tradizione riveste un ruolo minoritario rispetto ad altri parametri. Qui l’elemento natura non va inteso come un’area incontaminata che viene sfigurata – altrimenti va da sé che ogni costruzione andrebbe condannata – bensì come un equilibrio che viene minacciato trasformandosi in rischio conclamato. Quindi si parla di tutela dell’ambiente, ma anche della incolumità dei cittadini.Si dice che un tempo l’uomo sapeva esattamente dov’era bene costruire e dove invece no. Credo ci sia una vena romantica in questo modo di guardare al passato. Certo è che oggi, grazie alle conoscenze acquisite in svariate discipline, sarebbe più facile assumere decisioni mature e consapevoli. Le varie carte di rischio redatte con metodi scientifici sono un validissimo aiuto. È meglio dire sarebbero, perché il più delle volte sono state ignorate o comunque sopraffatte da valutazioni di ordine economico. La domanda provocatoria, ma neppure tanto, che occorre porsi oggi è: tutta l’attività edilizia legale – cioè che rispetta le norme previste dalla giurisprudenza – è da considerarsi pure lecita per l’ambiente? E ancora, nell’atto del costruire quanto sono stati presenti fino a oggi i concetti di sostenibile in seno alla natura e condivisibile rispetto alla società?

Michele Mauri

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