Gazzettino Italiano Patagónico

Abusivismo, quante parole inutili!

 

Si stanno già spegnendo – come era facile prevedere – i riflettori sulla piaga dell’abusivismo edilizio. La vuota retorica dei giorni scorsi non cambierà il corso delle cose in Italia. Nuove case non autorizzate sorgeranno ancora dove non dovrebbero, alla luce del sole, con cantieri ben visibili a chiunque e un gran viavai di mezzi e persone. Perché l’abusivismo possa proliferare occorre l’omertà di molti, ma non è neppure questo il punto. La vera emergenza italiana va oltre il discrimine tra legalità e illegalità e investe una larga parte dell’attività edificatoria, non solo quella fuori norma. Anche le costruzioni lecite sono talvolta indebolite da ragioni economiche o sociali e diventano così fragili e problematiche sotto il profilo ambientale. Basta guardarsi attorno per comprendere che pure edifici formalmente regolari possono determinare un oggettivo deturpamento dei luoghi. Il frequente ricorso al condono edilizio e al permesso di costruire in sanatoria e prima ancora all’urbanistica contrattata – che si realizza ogni volta che le scelte sull’assetto del territorio non vengono prese per l’autonoma volontà delle istituzioni in rappresentanza degli interessi di tutta la collettività, ma per il condizionamento dei proprietari di consistenti beni immobiliari – conducono a innalzare caseggiati o interi quartieri spesso anche laddove, per ragioni di sicurezza, di bellezza paesaggistica e di convenienza pubblica, non si dovrebbe. Certo, in tali casi tutto avviene nel pieno rispetto delle leggi, leggi che però non sempre interpretano il benessere comune e non sempre salvaguardano il territorio. Insomma, per dirla in parole povere, quando comanda la rendita fondiaria si soddisfano solo le inclinazioni di una parte della comunità urbana e sovente non si considerano le esigenze della natura. In alcune regioni d’Italia l’abusivismo, perlomeno nell’accezione tradizionale del termine, è meno diffuso che in altre, eppure anche lì non mancano i disagi sociali e neppure le emergenze ambientali che evidenziano un modo non più sostenibile di gestire il territorio. Se si guarda alle calamita’ naturali recenti, si scopre una costante fondamentale: a parità di condizioni, le conseguenze sono più gravi dove si è praticato un uso dissennato del suolo. Uso di per sé magari legittimo, ma ugualmente negativo. Per tutte queste ragioni è il caso di porsi una domanda: ha ancora senso continuare a parlare di abusivismo edilizio come si è fatto per decenni?

Michele Mauri

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