Gazzettino Italiano Patagónico

Livio Varriale

 

Cosa sono deep web e dark web ? E quali pericoli nascondono? Non è tutto oro quello che fa social? A metà tra inchiesta, romanzo investigativo e saggio, nel suo esordio editoriale Livio Varriale esamina e mostra i rischi dell’uso sempre più spropositato di Internet. «La Prigione dell’Umanità. Dal deep web al 4.0, le nuove carceri digitali» (Minerva editore) può essere un grimaldello in grado di aprire le serrature del lato oscuro del web, per stimolare non solo curiosità, ma una cartina al tornasole per rendere consapevole i lettori dipendenti ignari di interessi molteplici. Schiavi di un algoritmo: sanno i nostri desideri, decidono spesso per noi, suggeriscono e talvolta impongono cosa dovremmo leggere. Convinti dell’infallibilità delle macchine, abbandoniamo le relazioni carne ed ossa e affidiamo il nostro destino ai poteri del web. Arrivando in una “fogna”, un sottosuolo delle idee di stampo dostoevskiano, parte del web che esiste e che noi non vediamo. E che, come tale, nasconde insidie, mostruosità dal fascino abbindolante. Là, nel sottosuolo, sguazzano topi virtuali che trafficano qualsiasi cosa si possa vendere e comprare. Quella della fogna non è l’unica metafora utile a descrivere il deep e il dark web , il lato oscuro della rete. Varriale, giornalista napoletano classe ’82, mette a disposizione tutto il suo background e la passione informatica maturata negli anni “sul campo”, in primis sul mondo del cyber-spionaggio, presenta anche un enorme “iceberg” che si muove sotto la superficie di cui il clear, il web che tutti conosciamo, non è che la punta emersa. In questo oceano d’ambiguità si può trovare di tutto: liberi pensatori e spacciatori di droga, sicari e sognatori, chi lotta per un mondo migliore e chi vende bambini, aziende normalissime e trafficanti d’armi. E il rischio di perdersi è altissimo. Mentre su, nel cosiddetto           clear web , si scatena una guerra condotta a colpi di      app e nuove tecnologie voluta da multinazionali decise a orientare i consumi acquisendo miliardi di dati, propinandoli tramite gli apparentemente innocui                social network . In che mondo viviamo? È il mondo che Varriale ha deciso di analizzare in questo appassionante progetto, frutto di un certosino lavoro di esplorazione nei meandri del web. «La Prigione dell’Umanità» racconta, a partire da un’esperienza diretta, i pericoli che stanno sopra e sotto la superficie di Internet, giudice insindacabile del nostro tempo. Che, dietro grafiche colorate e illusori viaggi virtuali, ci sta mettendo in una prigione. Dorata, ma pur sempre prigione.

Livio, il tuo esordio editoriale è quantomeno inusuale. Perché il deep web?

Perché si sentiva parlare tanto di deep web , ma non è stato mai proposto ad un pubblico di massa. Sono da sempre un appassionato di informatica ed ho voluto fare chiarezza su questo aspetto contornato da tanti miti e leggende. Infatti, si parla tanto di questo fenomeno, ma non è altro che tutta la rete informatica che compone il mondo; quello che invece cui la cronaca di questo volume fa riferimento è il dark web, un sotto insieme del deep web dove c’è una sorta di anonimato garantito da strumentazioni che utilizzano forti criptazioni dove vi sono tanti siti che proiettano quanto di reale c’è nella vita di tutti i giorni.

Quanto tempo ha richiesto un ragionamento del genere?

Un impegno di questo tipo ha richiesto una ricerca di sei mesi per poi metterlo su carta in poco tempo grazie al mio background giornalistico; è stato certamente necessario adoperare tutta la conoscenza passata ed aggiornarsi su come essere anonimi e quindi utilizzare gli stessi strumenti che impiegano tutti coloro che nel deep web non ci fanno solo ricerche come il sottoscritto ma ci vivono e ci svolgono anche dei grossi affari.

Dove ti ha portato questo viaggio nel sottosuolo del web?

Il viaggio mi ha portato in qualsiasi cosa presente all’interno della vita reale. Il virtuale non cozza poi così tanto con la routine. Traffico di droga, di armi, pedo-pornografia e servizi di hacking sono alla mercé di ognuno di noi, anche se non ce ne rendiamo conto. Ci portano ad avere la percezione di come queste strumentazioni vengano impiegate anche dalle multinazionali ogni giorno per carpire tutto il necessario su di noi, in modo tale da sviluppare dei prodotti di vendita sempre più strategici e sempre più efficaci. Questo significa che ci sarebbe anche un problema, per così dire, “positivo” che scaturisce dall’anonimato: molte persone utilizzano il deep web per comunicare ed esprimere la loro opinione. Uno dei casi più eclatanti è stato quello – purtroppo, per com’è andato a finire – della Primavera araba, ma ovviamente ci sono una miriade di siti e quello che più m’ha colpito è una piattaforma che offre una versione della Bibbia scritta in più lingue, proprio quelle dei Paesi dove la Bibbia è censurata. Ad ogni modo, penso di aver raggiunto il mio obiettivo. Potevo scrivere un libro sul dark web , limitandomi a raccontare fatti di cronaca, ed invece credo diaver dato qualcosina in più: mettendo le persone in guardia su come stiamo fallendo quella che è una grande opportunità per il rilancio del mondo intero: il trasferimento digitale. Ed è il vero senso de «La Prigione dell’Umanità».

Andrea Fiorentino

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