Gazzettino Italiano Patagónico

Vietato sfamare i gatti randagi: l’ordinanza che fa discutere

I gatti randagi di Cocullo, piccolo centro di 226 abitanti in provincia di L’Aquila, non potranno più essere nutriti per strada. E chi sarà beccato a lasciare loro del cibo rischia pure una multa.

Il perché del divieto

A decretarlo è un’ordinanza comunale emanata nei giorni scorsi dal primo cittadino del borgo, Sandro Chiocchio. Secondo il sindaco, il divieto si è reso necessario per limitare il proliferare del randagismo felino, fenomeno ormai fuori controllo nel piccolo paese che, come si legge nell’ordinanza: «sta dando luogo a seri problemi di carattere igienico-sanitario». Inoltre, come riferisce il testo del documento municipale: «Sono in aumento le proteste e lamentele di cittadini, letteralmente nauseati dal cattivo odore diffuso dai bisogni sparsi ovunque dai felini».

Insorgono gli animalisti

Il divieto ad aiutare i randagi ha scatenato le proteste degli animalisti che sostengono che l’ordinanza è illegale. «Le colonie feline sono tutelate dalla legge 281 del 1991 che vieta a chiunque di maltrattare i gatti che vivono in libertà – ha detto Walter Caporale, presidente dell’Associazione Animalisti Italiani onlus –. Il randagismo si previene attraverso la sterilizzazione e questa responsabilità spetta all’autorità sanitaria competente per il territorio. Imporre il digiuno ai gatti che abitano il paese è illegittimo e persino crudele e questo è anche quanto viene stabilito da sentenze pronunciate dal Tar Lazio e dal Tar Puglia».

La replica del sindaco

Immediata è arrivata anche la replica del primo cittadino: «L’ordinanza non è né contro i gatti, né contro i cittadini che danno loro cibo – ha puntualizzato il sindaco di Cocullo –. Avendo però tentato per lungo tempo di sensibilizzare in ogni modo a limitare l’eccessivo nutrimento dei gatti nelle zone che non presentano alcuna area verde e avendo addirittura posizionato delle apposite lettiere lungo le vie, ad oggi la situazione è diventata insostenibile, nonostante la continua pulizia delle aree interessate».

Marta Frigerio

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