Il Presidente della Commissione europea, Jean Claude Junker, nel suo ultimo discorso tenuto ieri sullo stato dell’Unione, ha puntato più sul sentimento di una Europa pacificata che su una politica comunitaria capace di avere un peso strategico sullo scenario internazionale. Quanto il suo discorso abbia colpito gli animi dei parlamentari europei è tutto da vedere e la cartina di tornasole saranno le sanzioni che l’UE infliggerà al governo ungherese di Orban accusato di eccessivo nazionalismo e di violazione dello stato di diritto. “Non penso – ha detto Junker, cercando di ammorbidire i toni – che siamo alla vigilia di una catastrofe come quella della prima guerra mondiale, tuttavia dobbiamo ricordarci di essere felici perché viviamo in un continente di pace grazie all’Unione europea: per questo dobbiamo rispettarla meglio, difendere il nostro modo di essere e di vivere”, ha aggiunto ancora Juncker. Un discorso che sembra ricordare perché è nata la carta dell’Europa ma senza analizzare il perché del risorgere dei sentimenti patriottici in alcuni paesi membri che avvertono nei fenomeni di migrazioni incontrollate, una perdita dell’identità e delle culture conquistate con guerre e battaglie civili. “Dobbiamo aprire delle vie di migrazione legale per l’Europa – sottolinea Junker – abbiamo bisogno di migranti qualificati e le proposte della Commissione ci sono da tempo, vi invito a utilizzarle”. Ma la critica a queste affermazioni arriva dai paesi di primo ingresso costretti a subire l’impatto delle migrazioni senza poter redistribuire adeguatamente le quote in altri paesi e senza avere il tempo di poter avviare quei processi di integrazione inattuabili nell’emergenza. Emergenza che analisti di ogni paese vedono come una emorragia difficile da fermare in tempi brevi.