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Metano, ecco quanto ne fuoriesce in mare

 

Tra i gas responsabili dell’effetto serra terrestre uno dei principali protagonisti è il metano, specie volatile che rispetto all’anidride carbonica ha un potenziale ‘inquinante’ di circa 25 volte superiore. Presente in atmosfera, ma anche nel sottosuolo, il metano fuoriesce in modo naturale persino dai fondali oceanici: un fenomeno che sembra avere proporzioni globali, a giudicare dalla crescente esplorazione degli abissi marini. Il gas fuoriesce dal fondo del mare sotto forma di bolle che possono risalire fino alla superficie dissolvendosi in atmosfera oppure essere consumate da microbi, generando biomassa e anidride carbonica. Cercare di quantificare questo fenomeno è di fondamentale importanza per stimarne gli effetti in termini di riscaldamento globale: un problema scientifico difficile ma importante da risolvere.

Il suono del metano

Fino ad oggi, gli studi sulle emissioni sottomarine di metano si sono concentrati sull’utilizzo di metodi ‘visivi’ (fotografie e/o video) e metodi acustici attivi; soltanto più recentemente si è esplorato il campo dei metodi acustici passivi. Utilizzando proprio l’acustica passiva, un team di ricercatori del NOAA, in collaborazione con l’Oregon State University, l’Earth Resources Technology Inc. e l’Ocean Exploration Trust degli Stati Uniti d’America, è riuscito a registrare il suono dei treni di bolle di metano che fuoriescono dal fondo del mare. I risultati di questo studio sono stati pubblicati sulla rivista Deep-Sea Research Part II ad aprile di quest’anno. Con un idrofono (microfono subacqueo sensibile) installato sul ROV Hercules, durante la spedizione E/V Nautilus NA072, i ricercatori hanno effettuato circa 12 ore di registrazione a 1230 m di profondità e ad 80 km al largo della costa dell’Oregon, in una zona ad attività nota. Elaborando lo spettro di frequenza delle onde sonore che hanno registrato, i ricercatori hanno filtrato i risultati, ottenendo la frequenza caratteristica dei treni di bolle: tra 1 e 45 kHz. Usando dunque un’equazione che lega la frequenza di oscillazione delle bolle alla loro dimensione, il team è riuscito a calcolare l’intervallo dimensionale delle stesse che è compreso tra 8 millimetri e 3,5 centimetri di raggio. Il confronto con i video girati ha permesso di validare i risultati ottenuti.

Verso la comprensione del fenomeno

Questo studio ha dimostrato come l’acustica passiva si confermi una tecnica vincente, rapida e a basso costo nello studio delle emissioni di metano dai fondali sottomarini. Gli idrofoni potrebbero essere lasciati nei fondali marini per lungo tempo, con il fine di monitorare l’attività su lunghi intervalli temporali: le fuoriuscite di metano sono infatti talvolta ‘intermittenti’ e grandi rilasci di questo gas possono avvenire in seguito a forti terremoti. I ricercatori sono ora impegnati nel cercare di calcolare il volume totale di gas emesso dal fondale studiato, e per fare ciò bisognerà elaborare tutti i segnali di tutte le bolle registrate dall’idrofono. La campagna oceanografica intanto è proseguita quest’estate con nuove misurazioni tra i fondali a largo dell’Oregon e della California dove il team di ricercatori ha proseguito la raccolta di campioni di sedimento e di ascolto delle bolle. Orecchie puntate dunque sui fondali marini, nell’attesa di comprendere meglio il ciclo del metano e la sua influenza sul clima terrestre.

Andrea Di Piazza

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