Lappassionato racconto sull’ astore di Sardegna che vi proponiamo porta la firma di Antonio Pisanu, insegnante nuorese, noto video-documentarista, naturalista e grande esperto di rapaci. Attraverso le sue parole e le foto di Daniele Lorraiandiamo alla scoperta di uno dei più affascinanti “terzuoli” (il nome con cui in falconeria sono chiamati i maschi dei falchi): l’Accipiter gentilis arrigonii, piccolo e infallibile cacciatore del bosco che sta riconquistando lentamente i cieli della Sardegna.
Io l’ho visto!
Quattro sibilanti meteore si fiondano in un banco di asteroidi procedendo a velocità siderale ma ne escono indenni evitando ogni ostacolo con precisione millimetrica, quindi si proiettano senza esitazioni verso la sconfinata galassia. No, non stiamo sfogliando un fumetto della Marvel: io l’ho visto!
Ho visto un ardente terzuolo sfrecciare attraverso un pendio boscato con una piccola preda tra gli artigli e, come un vecchio caronte dagli occhi fiammeggianti e il sopraciglio bianco, scivolare sicuro tra gli ostacoli sfiorandoli con le remiganti.
A breve distanza lo tallonano tre giovani involati di recente, carichi di energia e ululanti di fame. Rischiando di trafiggersi ad ogni istante, il quartetto scorre attraverso i solidi tronchi di leccio, come solo il vento di Maestrale potrebbe fare.
Presso il compluvio, l’adulto apre gli artigli e svanisce seguendo la flebile scia dell’esiguo corso d’acqua mentre i tre folli si scagliano vocianti sull’agognata preda abbandonata dal genitore e il più dotato se ne appropria prima che possa toccare il suolo. Questo ho visto.
Non ho foto né filmati che lo possano attestare ma è tutto stampato a fuoco nella mia mente.
Preludio del grande gioco
In verità, questa è una scena che si ripete spesso quando i giovani dell’ astore, ormai perfettamente piumati, lasciano il nido e vagano nelle sue vicinanze in attesa che i genitori tornino dalla caccia. È un periodo di grande fermento. Il bosco viene inondato da grida e voli spericolati finalizzati a potenziare ali e artigli nonché affinare tutti i sensi in vista della grande avventura. Loro non sanno ma questi irruenti giochi che li condurranno sempre più distanti dal nido sono solo il preludio del grande gioco che li attende e per coloro che non saranno adeguatamente preparati ci sarà un unico tragico epilogo: la lotta per la vita non accetta il minimo errore o incertezza.
Esperto cacciatore
Più piccolo dei cugini d’oltremare, l’ astore di Sardegna si differenzia da questi anche per la colorazione più scura della parte dorsale, un nero ardesia che ben contrasta con il chiaro barrettato della parte anteriore. Con loro, però, condivide le splendide doti di cacciatore da “basso volo”. Le sue scorribande venatorie comprendono una vasta gamma di prede, dal merlo alla pernice passando per la ghiandaia, il colombaccio e il picchio. Ma è anche in grado di catturare taccole e cornacchie nonché lepri e conigli o l’elusivo topo quercino. Talvolta asporta dei pulcini direttamente dai nidi e, in compagnia di altri due amici, lo abbiamo visto predare colombi all’interno di una “nurra”, una voragine carsica situata in pieno Supramonte!
Dal declino alla ripresa
Perfettamente adattato all’ambiente forestale, l’astore di Sardegna ha subito un forte calo numerico tra gli anni sessanta e i primi anni novanta del secolo scorso: era giunto sull’orlo del collasso tanto che nel corso di un censimento attuato nel 1976 non era stata accertata nessuna nidificazione. Oggi la popolazione è in netta ripresa tant’è che lo troviamo anche nei boschetti artificiali ai limiti delle periferie pronto a pasteggiare con gli animali più urbanizzati.
Leggi l’articolo anche sull’ultimo numero di Rivista Natura Air di agosto-settembre
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- In contrasto con le sue abitudini, il maschio emette ripetuti vocalizzi che si possono udire a grande distanza. Siamo in pieno periodo di corteggiamento. Poi, man mano che i giovani acquisiscono un certo affrancamento dal ristretto circondario del nido, gli astori tornano nel cono d’ombra che gli è consueto: estremamente guardinghi e silenziosi, riacquistano la loro natura di inavvicinabili cacciatori solitari.
- In preda a frenesia amorosa il maschio strappa delle scaglie marcescenti da un tronco vetusto: le userà per rendere più confortevole la porzione di nido che ospiterà le uova.
- L’esposizione del candido sottocoda e il fatto che siano così vicini è segnale inequivocabile che questi esemplari sono finalmente giunti alla fase di accoppiamento. Prima di tale momento il maschio si esibisce in spettacolari parate nuziali, rinnova il nido con frasche verdi e deposita sui rami delle offerte di cibo alla compagna, ma deve tenersi ben lontano dall’aggressiva partner che potrebbe attaccarlo e perfino ucciderlo: la disparità di taglia non gioca certo a suo favore (la femmina è a destra).
- 3. Un nugolo di taccole e cornacchie ha eletto come dormitorio un boschetto di lecci e roverelle presso un piccolo laghetto. Una sistemazione ottimale per la schiamazzante brigata. Un unico neo: devono periodicamente versare un pesante tributo al feudatario del luogo… e il pirata del bosco non accetta pagamenti in danaro.
- È nota la passione dell’astore per i piccioni allevati dall’invadente bipede sapiens, infatti è uso insidiare pollai e colombaie che gravitano nel suo territorio di caccia.
- Confuso tra la vegetazione, assolutamente immobile su uno dei suoi posatoi preferiti, i finissimi sensi perennemente allerta, il “gentilis” studia con minuzia le abitudini delle sue prede e ghermisce solo al momento propizio, quando le probabilità di successo sono più elevate.