L’emergenza roghi è una triste abitudine nelle estati italiane. Quest’anno, però, preoccupano soprattutto gli incendi dei rifiuti. Una vera e propria emergenza che colpisce lo Stivale dalla Lombardia alla Campania fino alla Sicilia. Dopo il vasto incendio che ha avvolto i capannoni di un’azienda a Caivano (NA), il ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha allertato le Prefetture d’Italia affinché trasformino i siti di trattamento e stoccaggio in sorvegliati speciali. Il susseguirsi di incendi negli impianti rappresenta l’altro volto di un Paese che primeggia nella raccolta differenziata, ma al contempo si è trasformato in un’estesa Terra dei fuochi. C’è una mente criminale dietro il dilagare del fenomeno? Probabilmente sì. Ma c’è anche un diffuso disinteresse verso una vicenda – quella dei rifiuti appunto – che invece investe ogni momento della nostra vita. La questione “spazzatura” occupa un esiguo spazio nell’immaginario collettivo, rimane lo scarto dei processi culturali. Eppure mentre si vive, si comunica e si consuma si mette in movimento la più grande fabbrica del pianeta, la più importante per quantità di prodotti e per numero di addetti. Dalla morte delle merci si originano i rifiuti, che ingombrano gli spazi umani e ne costituiscono un elemento imprescindibile. Dai boschi ai prati, dai fiumi ai laghi sino ai mari e agli oceani, dalle piazze alle strade, ovunque, invisibili e dimenticati, gli scarti prodotti dall’umanità ammorbano e avvelenano il pianeta. Invece il mondo animale e vegetale non ha mai prodotto rifiuti. Da queste considerazioni elementari è emersa l’idea di riproporre in rapida sintesi un testo “sacro” della letteratura ambientale, “Il cerchio da chiudere” (1971) di Barry Commoner. Le quattro leggi dell’ecologia formulate dal biologo statunitense sono sempre attuali, anzi mai come ora è tempo di correre ai ripari. Per tutto il mese di agosto, una volta alla settimana, ricorderemo insieme il percorso circolare di Commoner. Cominciamo dalla prima legge: «Ogni cosa è connessa con qualsiasi altra». È il più elementare dei quattro postulati. L’ambiente naturale è la macchina più complessa dell’universo conosciuto e, ancora, la più misteriosa. Su una pellicola tra terra e cielo si agita la vita di ogni essere. Tutti sono collegati. Senza la fotosintesi delle piante non disporremmo di ossigeno. E senza l’azione sinergica delle piante, degli animali e dei microorganismi che vivono nel laghi e nei fiumi non potremmo avere acqua pulita. La condizione di kaos e decomposizione, componente inesauribile della realtà, è l’unica terra fertile capace di garantire l’esistenza. Se però il sistema è sottoposto a uno stress eccessivo, può non auto-correggersi più e collassare. È quanto sta accadendo.
Michele Mauri
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