Amianto, 1300 casi di mesiotelioma tra le forze armate

I dati epidemiologici sul mesotelioma da esposizione all’amianto che emergono nel comparto della Difesa Militare, che comprende anche l’Esercito, l’Aeronautica, la Marina e i Carabinieri, sono di 982 casi nel 2018, con una ulteriore incidenza, negli ultimi 6 anni, di 300 casi, che arriva alla cifra complessiva di circa 1.300 mesoteliomi. Solo la «punta dell’iceberg», fanno sapere, perché tenendo conto di tutte le altre malattie asbesto correlate (tra cui l’asbestosi, il tumore del polmone, laringe) raggiunge una incidenza epidemiologica complessiva delle quattro Forze Armate che supera i 5mila decessi. In riferimento ai Carabinieri lavoratori impiegati nelle missioni all’estero, tra cui quelle balcaniche, in particolare, l’Osservatorio Vittime del Dovere rileva un più alto dato epidemiologico di vittime di nanoparticelle di metalli pesanti, anche radioattivi, e radiazioni, per l’uso di proiettili all’uranio impoverito. Nasce per questo a Roma la collaborazione tra l’Osservatorio Nazionale Amianto e Vittime del Dovere, presieduto dall’avvocato Ezio Bonanni, il Nuovo Sindacato Carabinieri, nato per tutelare gli interessi collettivi di carabinieri lavoratori, tra i quali anche quelli della sicurezza, e l’Accademia della Legalità presieduta dalla dottoressa Paola Vegliantei. «In molte occasioni- rileva l’ONA- nelle missioni c’è un preoccupante deficit organizzativo, tra cui l’assenza di macchine blindate, piuttosto che la carenza di organico, e altre criticità che limitano ed espongono i carabinieri, che sono anche lavoratori e cittadini, tutela e presidio fondamentale delle istituzioni democratiche». Il protocollo d’intesa tra le quattro organizzazioni ha quindi l’obiettivo di sottoporre tutti i militari iscritti al rientro dalle missioni all’estero, dove «spesso neanche nel Documento di Valutazione Rischi vi è conoscenza concreta circa il rischio di esposizione a sostanze tossiche come uranio o amianto», ad accertamenti finalizzati a valutare il proprio stato di salute. «Purtroppo ad oggi non esiste una vera azione di controllo preventiva e una concreta tutela all’insorgere delle particolari patologie correlate. Questo, quindi- conlcude l’ONA- vuole essere un passo importante verso la tutela della salute degli uomini e donne in divisa».

Carlotta Di Santo